Dopo due anni di pandemia il mese prossimo il lavoro torna in presenza.
Lo smart working disposto come misura emergenziale per la pandemia è in scadenza. Dato che il Decreto Aiuti bis lo ha prorogato vigono le norme del decreto semplificazioni: bisognerà trasmettere nominativi, data di inizio e fine del periodo di lavoro agile ma non gli accordi stipulati. Questo significa che le aziende non possono più applicare lo smart working senza accordi individuali.
Per le aziende e per i lavoratori significa che per applicare lo il lavoro da remoto tornerà necessario l’accordo individuale sulla base delle disposizioni previste dagli artt. 19 e 21 della Legge n. 81/2017 e dai contratti collettivi. Questo accordo dovrà definire una serie di caratteristiche previste dal protocollo del ministero del lavoro. Tra queste la durata: a termine o indeterminato, alternanza tra remoto e presenza (la forma ibrida) i luoghi esclusi per il lavoro fuori dall’ufficio. Ma anche gli strumenti di lavoro, tempi di diposo e forme di controllo.
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In mancanza di un accordo vietato smart working
Nonostante questo però non significa che il lavoro agevolato dello smart working sarà del tutto abbandonato. Perché grazie all’articolo 41-bis le aziende non dovranno comunicare l’accordo individuale al Ministero del Lavoro, fermo restando l’obbligo di stipula, in modo da rendere più agevole l’accordo. Le aziende dovranno inviare i dati dei lavoratori in da remoto e le informazioni connesse. In mancnaza di queste comunicazioni sarà applicata una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore. Il mese prossimo è previsto il ritorno al lavoro ordinario in mancanza di accordo tra le parti e comunicato.